Più di un milione di persone, solo nel 2015, ha tentato di attraversare il Mediterraneo per arrivare sulle coste europee; di queste persone almeno 3.000 sono morti o scomparsi durante il viaggio: cadaveri che rimangono spesso sommersi, e, anche se recuperati, restano senza nome, senza storia, senza un’identità.
“Siamo di fronte alla più grande tragedia dei nostri tempi: migliaia di persone muoiono in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa, la maggior parte di loro rimane senza nome e diventa un fantasma per le famiglie che non ne conoscono la sorte. Secondo alcune stime dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni, sono 40mila i migranti morti nel Mediterraneo dal 2000 e il 65 per cento di loro non ha nessuna identità” afferma Cristina Cattaneo.
Ma come dare un nome a questi morti? Esiste un dovere giuridico che impone il recupero e l’identificazione di questi corpi? Come garantire il diritto delle famiglie a conoscere il destino dei propri cari? Quali sono le ripercussioni della mancata identificazione sulle famiglie?
Cercano di rispondere a questi interrogativi nel volume I Diritti annegati, edito da Franco Angeli nel 2016 due team di ricerca dell’Università degli Studi di Milano coordinati dalla Professoressa Cristina Cattaneo – medico legale, Ordinaria di Medicina Legale presso la Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Milano e direttrice del LABANOF – e dalla Professoressa Marilisa D’Amico – Ordinaria di Diritto costituzionale, Prorettrice con Delega a Legalità, Trasparenza e Parità di Diritti nell’Università degli Studi di Milano.
I Diritti annegati parte dall’esperienza di medici legali e “forensic scientists” che “sul campo” hanno sperimentato negli ultimi anni difficoltà e vuoti normativi che gravitano intorno al mondo dei cadaveri senza identità e offre, in un’ottica multidisciplinare, un’analisi delle principali problematiche giuridiche connesse al tema delle migrazioni verso l’Europa.
L’identificazione dei morti è infatti salvaguardata da leggi nazionali e internazionali, tra cui le quattro convenzioni di Ginevra del 1949 e i successivi protocolli e, come scrivono Cattaneo e D’Amico nelle conclusioni del loro libro: “non si tratta solo di un obbligo di carattere morale, ma di un obbligo giuridico”.
Un libro, dunque, che vuole anche essere una denuncia per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, della politica, delle Istituzioni nazionali ed europee su un fenomeno drammatico che tocca nel profondo i nostri principi costituzionali, che non tollerano ingiustificate distinzioni dettate dal solo fatto di essere nati a nord o a sud del Mediterraneo.